Stato d’animo di Ieranto : una storia personale

Tutte le persone che sono passate attraverso questo progetto, più o meno, condivideranno pensieri, ricordi e momenti simili di Ieranto. È un luogo che attira tutti, compreso il nostro gruppo e me, naturalmente, e per questo ho voluto condividere la mia esperienza e i miei ricordi estivi. Penso che potrebbe essere molto divertente, non solo per chi vuole partecipare a questo progetto, ma anche per chi si chiede cosa facciamo tutti i giorni su questi kayak, durante tutta l’estate sotto il caldo, e perché ci piace così tanto.

Credo che tutto sia iniziato quando abbiamo visto Ieranto per la prima volta. Non eravamo ancora tutti insieme, ma questo ha dato a quelli che c’erano un’idea di quello che stava per succedere. Era una bella giornata di primavera (soleggiata e fresca) e stavamo facendo un’escursione verso San Costanzo, la chiesa che si trova proprio sopra Ieranto, uno dei punti più alti della zona. E poi l’abbiamo visto. Era lì, proprio sotto di noi, con le ali aperte, il falco della baia. Il nome Ieranto ha radici greche: può derivare sia dalla parola ιέραξ, che significa “falco”, sia dalla parola ιερό, che significa “sacro”. In quel momento, sul sentiero, ho capito perfettamente che entrambe queste etimologie potevano essere ugualmente vere. Guardando Ieranto da lì si può vedere la forma di un falco che viaggia intorno, e anche la bellezza di questo luogo, che lo rende una sorta di terreno sacro.

Finalmente, dopo settimane di ritardo, siamo riusciti a iniziare le nostre attività nella baia a metà giugno. Questa volta la squadra era quasi al completo (mancava solo Olivier). Ci siamo incontrati tutti nella piazza di Nerano, il piccolo paese che si trova esattamente prima del sentiero che ci porta a Ieranto. Ci siamo seduti intorno alla mappa della zona e ci siamo scambiati alcune informazioni di base su dove ci trovavamo e su ciò che stavamo per vedere. L’adrenalina cominciava a salire. Stavamo per conoscere il luogo in cui avremmo trascorso il resto dell’estate! Ricordo di aver guardato le facce di tutti: alcune erano nervose, altre entusiaste come me e altre ancora perse in pensieri ad occhi aperti.

Mimì spiegando la mappa, sulla piazza di Nerano

Andavamo a Ieranto in squadre: alcuni via terra e altri via mare con i kayak di Marina del Cantone. Io ero nella squadra dei kayak! Quando siamo riusciti a portare fuori tutta l’attrezzatura necessaria (pagaie, giubbotti di sicurezza, kayak, borse waterproof per le nostre cose) e a prepararci (costume da bagno, cappello, occhiali da sole, maglietta ed acqua), sono iniziate le istruzioni di Mimì (il nostro coordinatore). Come si siede sul kayak, come si tengono le pagaie, come si naviga in mare? Informazioni, informazioni, informazioni. È interessante come tutte queste informazioni che ci sono state date in quel momento, senza che ce ne rendessimo conto, si siano poi impresse nel nostro cervello grazie all’esperienza. Abbiamo fatto il primo viaggio in kayak più bello che si potesse desiderare. Pagaiando in mare, visitando grotte, pulendo un po’ qua e là, evitando le onde e magari indolenzendoci un po’. I nostri muscoli non erano ancora allenati per sopportare il viaggio di 40 minuti fino a Ieranto, ma questo non ha reso l’esperienza meno entusiasmante di quanto sia stata.

Quando sono entrata nella baia, ricordo il vento che mi soffiava in faccia e l’acqua che mi circondava che mi portava verso la piattaforma. Ricordo di aver fatto una vera e propria faccia di “wow” e l’adrenalina che saliva per la seconda volta quel giorno. Osservare la piccola spiaggia, le scale che portavano agli edifici che facevano parte del complesso della cava che per anni è stata a Ieranto, la piattaforma di pietra, la spiaggia più grande con grotte su entrambi i lati, le scogliere che circondano tutta la baia che ti inghiottono e ti fanno rimanere i piedi a terra, la natura che mi circonda… La parte più bella di tutto questo è che siamo arrivati prima via mare. Ci siamo goduti tutta la bellezza, osservando ciò che avevamo visto prima dall’alto verso il basso, esattamente dalla parte opposta, verso l’alto. Ripensandoci, è una sensazione molto strana quella che si prova quando si vede o si percepisce un luogo per la prima volta. È sempre unico e puro, una tabula rasa. Non c’è nessun ricordo che lo circonda, nessun ricordo di tempi precedenti, nessuna idea di come sia realmente. Non c’è nulla che possa rovinarlo. Provate a immaginare la prima volta che camminate/guidate/andate in bicicletta in una strada che poi iniziate a percorrere più volte… Tutto è vivo, colorato, emozionante e sonoro. La tua curiosità assorbe tutti i dettagli, senza forse elaborarli. Sono solo stimoli su cui il cervello si sofferma ed elabora, quando finalmente si capisce come funziona un luogo. Di solito questa magia si perde man mano che ci si abitua, ma fortunatamente non è questo il caso di Ieranto.

Abbiamo esplorato tutte le grotte, siamo andati alla grande spiaggia, abbiamo nuotato, ci siamo tuffati dalla piattaforma, abbiamo fatto snorkeling, abbiamo respirato tutto… Abbiamo parlato delle nostre responsabilità lì e di come sarebbe stata l’estate. Tutti noi ascoltavamo, ma nessuno di noi capiva esattamente. Descrivere la realtà in Ieranto non è una cosa facile. La giornata è servita come primo allenamento per noi, un allenamento per tutte le attività che stavano per iniziare, oltre che come primo incontro con la nostra “casa” per il resto dell’estate.

Il percorso per raggiungere Ieranto da terra è altrettanto emozionante: da Nerano parte un sentiero escursionistico che porta alla baia lungo 30 minuti. Può essere impegnativo in alcuni punti, soprattutto durante la risalita, ma se ci metti un po’ di tempo, ti assicuro che imparerai a godertelo. Il sentiero è circondato dalla natura e dalla costante presenza del mare all’orizzonte. Panorami bellissimi qua e là e, dopo un certo punto, hai Capri davanti a te. Sembra di poter toccarla, tanto è vicina. Quando si arriva a quel punto si sa che si sta arrivando alla baia o, se si sta tornando indietro, che la parte ripida sta per finire. E sai anche che è arrivato il momento del caffè di Salvatore, il più buono che tu abbia mai assaggiato, con una vista perfetta e la migliore compagnia. Ho sempre apprezzato questi momenti e credo che pure gli altri gli hanno apprezzati. Sono momenti di calma e di riposo, in un periodo in cui non ci sono molti.

La vista dal balcone di Salvatore
La vista giusto sopra la piataforma

Le nostre attività a Ieranto sono state per lo più le stesse ogni giorno, pur avendo naturalmente qualche sorpresa lungo il percorso. Quello che facciamo di solito dopo l’arrivo è: prendere i kayak necessari, le tabelle impermeabili per conservare i dati, sistemare un punto informativo in cui lavoriamo insieme al FAI (che possiede e gestisce la baia di Ieranto –a terra– durante tutto l’anno), preparare le possibili escursioni durante la giornata e organizzare i nostri turni sia per il monitoraggio via terra che per quello via mare. Questo tipo di routine è stato stabilito dall’inizio e ogni volta, a seconda della coppia che lavorava, regolavamo i turni di conseguenza.

Poiché Ieranto fa parte della Zona B dell’Area Marina Protetta di Punta Campanella, è necessario impedire alle imbarcazioni a motore non autorizzate di entrare e soprattutto di ancorare nelle sue acque. Questo è la parte del monitoraggio a mare con i kayak. Ieranto è caratterizzata dalla presenza di praterie di Posidonia oceanica, una fanerogama molto importante per il bacino del Mediterraneo, che fornisce ossigeno e aumenta la biodiversità del mare. Il processo di avvicinamento alle barche è sempre un’esperienza. Ognuno di noi ha il proprio modo di spiegare loro perché non possono restare qui o di chiedere loro alcune informazioni di base, quello che rende tutto molto interessante. Si capiscono le diverse personalità di ognuno e i modi di interagire. Naturalmente ci sono stati casi in cui abbiamo remato dietro alle barche, nei nostri piccoli kayak gialli, salutando e facendo segni per evitare che facessero il peggio: gettare l’ancora e distruggere le praterie. Non tutte le persone sulle barche non autorizzate accettavano il fatto di non poter stare nella baia, ma molte di loro erano interessate a ciò che dicevamo e capivano quanto sia importante che Ieranto sia preservato e protetto. Sono entrate anche barche autorizzate, che hanno usato le boe per rimanere un po’ sulla baia e godersi la sua magnificenza. Queste barche erano piene di facce famigliari, accompagnate da gruppi di turisti. Dopo un po’ abbiamo imparato a riconoscere da lontano le barche autorizzate e tutti avevamo le nostre preferite, quelle con cui preferivamo interagire di più. Anche con loro abbiamo dovuto tenere dei dati per essere sicuri di essere consapevoli del loro utilizzo della baia.

La parte successiva delle attività è stata quella delle escursioni. Gruppi di turisti che visitavano Ieranto e volevano conoscerla meglio. Potevano fare una visita guidata con i kayak o un’immersione guidata con lo snorkeling, o entrambe. Alcuni gruppi erano più numerosi di altri, alcuni più motivati, altri più interessati, ma tutti condividevano l’entusiasmo di esplorare Ieranto. Dopo un certo punto abbiamo anche avuto la possibilità di fare delle visite guidate e di fornire tutte le informazioni che avevamo raccolte durante la nostra esperienza lì. Parlare della storia della baia, delle specie animali che ne caratterizzano alcune parti, degli elementi naturali che la definiscono e condividere con loro l’amore che abbiamo per questo luogo. Ci sono stati giorni in cui è stato necessario l’intervento di tutta la squadra, poiché abbiamo avuto grandi gruppi di persone in visita a causa di eventi speciali. Ogni giorno c’erano di solito solo 2-3 volontari, con una responsabile (Gianna o Alba), e i lavoratori del FAI. In quei giorni potevamo essere almeno in 10 a lavorare contemporaneamente, rendendo la situazione piuttosto stressante e caotica. Soprattutto le prime settimane, in cui non avevamo molta esperienza con gruppi numerosi, hanno fatto emergere alcuni problemi di organizzazione. Alla fine, però, è stato sorprendente il modo in cui siamo riusciti a evolverci, come tutto funzionava come una macchina ben oliata, come tutti sapevano esattamente cosa si doveva fare, come tutti aiutavano in tutto senza nemmeno rendersene conto, come ci adattavamo simultaneamente quando qualcosa non andava secondo i piani.

Escursioni con un gruppo americano

Eravamo costantemente circondati da tutte le persone del FAI, che ci assistevano e fornivano informazioni insieme a noi a tutte le persone che entravano nella baia, rendendole consapevoli della bellezza e della storia del luogo che stavano per vedere, oltre a sensibilizzarle sulla sua necessità di essere protetto e rispettato. Ho tanti bei ricordi di discussioni con i visitatori, sia via terra che via mare. È stato anche commovente scoprire che le persone condividevano l’apprezzamento che abbiamo per questo luogo e rispettavano il lavoro che stavamo facendo. Credo che tutti noi ricordiamo momenti divertenti con visitatori appassionati.

E poi c’è la parte del ritorno a casa dopo una lunghissima giornata al mare. I due piedi che ti hanno portato giù, ti portano su. Con il caldo e la stanchezza che a volte ti danno fastidio, ma per lo più non ti danno fastidio. Perché c’è la sosta caffè, come ho già detto, e poi si arriva a Nerano dove si rilassa e si gode un po’ della vita del posto, giocando al calcio con i bambini o bevendo un piccolo aperitivo. Si ride, si parla dei momenti più belli della giornata e si ringrazia il proprio corpo per la fatica fatta. Poi si torna a casa dalla “famiglia” dei volontari, si mangia insieme, si gode la notte d’estate e si recupera il ritardo. Alla fine dell’estate si vivono tante giornate simili ma uniche allo stesso tempo e si chiede come sia stato possibile per me sopportare un’estate come questa con tanta facilità. Questa domanda me la pongo ancora. Non mi sarei mai aspettata che il mio corpo e la mia volontà diventassero così forti. È così interessante vedere l’evoluzione mentale e fisica che abbiamo avuto tutti durante questi mesi.

Anche a novembre, quando siamo andati a fare le ultime cose che dovevano essere fatte, Ieranto non aveva perso il suo carattere. Ho potuto nuotare nelle sue acque un’ultima volta, insieme a un uccello marino che stava pescando a pochi metri da me. Perché è questo che si ottiene quando ci sta lì: un equilibrio tra uomo e natura. Abbiamo visto razze, banchi di barracuda, stelle marine più grandi dei nostri palmi e tante altre cose che di solito si dimenticano quanto possano essere impressionanti. La natura è parte di noi e Ieranto continua a ricordarcelo.

Credo che la parte più bella di Ieranto sia nascosta in due punti diversi. Vorrei sapere se altri condividono la mia stessa opinione, ma in realtà questa è la parte più soggettiva di questa voce. La prima parte è il legame che è riuscito a creare tra tante persone diverse e questo è avvenuto soprattutto grazie al Progetto M.A.R.E. Il fatto di portare ogni anno dei volontari a lavorare crea una catena di persone che amano un luogo molto specifico. Ma non sono solo i volontari e le persone che gestiscono il Progetto a far parte di questa catena. Sono gli abitanti del luogo, le persone del FAI che ci hanno appoggiato costantemente, i visitatori, ogni gruppo che è passato per una visita guidata, tutti quelli con cui abbiamo parlato su queste barche. Questa catena è ciò che rende Ieranto così speciale. È un luogo in cui si percepisce l’energia positiva e amorevole di una comunità.

 

Una piccola parte della catena di persone circondando Ieranto

La seconda parte che per me definiva i miei sentimenti per Ieranto è l’esperienza di essere da solo in un kayak in mezzo al mare. Non so se riesco a spiegarlo alle persone. È una sensazione di umiltà. Sei lì, circondato dal blu, da rocce che cambiano forma ogni ora del giorno, dalla natura. Si vive nel presente. Non c’è nulla prima o dopo quel momento, perché in quel momento sei lì. Aspettando una barca, facendo un’immersione per rinfrescarsi, facendo un piccolo giro con il kayak qua e là. Ma siete sempre lì. Sei tu, i tuoi pensieri e la pagaia. Puoi accettarlo e godertelo o sopportarlo. Io ho scelto la prima e la consiglio a tutti i futuri volontari.

Se vi capita di visitare Ieranto, ricordatevi sempre che ci siamo stati anche noi. Che ogni luogo ha una storia condivisa e che anche i vostri ricordi di quel luogo riemaneranno lì, rendendo Ieranto ancora più prezioso. Perché i ricordi sono preziosi e di valore. Ricordate che probabilmente abbiamo una storia da raccontare e chiedete a tutte le persone che amano Ieranto perché lo adorano così tanto. Sono sicura che vi renderete conto che tutti questi sentimenti inespressi sono in qualche modo simili tra loro.

Xenia Symeonidou